PROLOGO: Una palla di ghiaccio sporco vagava solitaria lungo gli spazi siderali.

Non era il freddo nucleo di una cometa. Era un pianeta. Un mondo, fino a poche settimane prima, vivo e rigoglioso.

Il suo nome era Corelia. Un disastro cosmico lo aveva strappato al suo sole, congelando l’atmosfera e ogni cosa sotto di essa.

Eppure, a dispetto di ogni probabilità, c’erano dei sopravvissuti sotto uno strato gelato spesso duecento chilometri.

Sopravvissuti disposti a tutto pur di riprendersi, continuare a vivere e sperare nel futuro.

 

 

MARVELIT presenta

WANDERERS

Episodio 3 - I Misteri di Lassara

 

 

“Non credo che continuando a guardarlo, il paesaggio cambierà.”

Ma il giovane stallone dalla criniera bionda non distolse lo sguardo dal finestrino. “Ci troviamo davvero a duecentomila metri dalla superficie del mare?” sotto i suoi occhi, e quelli dei suoi compagni, si stendeva l’interminabile orizzonte ghiacciato, costellato da qualche cratere meteorico -i crateri generati dall’impatto con quanto era rimasto della luna di Corelia, dopo che le forze di marea l’avevano annientata. Il ghiaccio appariva nero e punteggiato di diamanti scintillanti, un gigantesco specchio del cielo.

A bordo del velivolo, oltre al pilota, stavano i membri della Forza 4, per ora gli unici super-esseri fra tutti i Coreliani:

Ø      Ydrai, aka Teamleader.

Ø      Oninjay, aka Firemane.

Ø      Embe, aka Thunderhoof.

Ø      Oosay, aka Ghostmare.

 

Ydrai stava guardando verso il cielo. Avrebbe voluto essere ottimista, ma aveva una ragionevole certezza che dai mondi intorno a quelle stelle, i mondi dotati di una civiltà avanzata, non avrebbero ricevuto aiuto. L’onda gravitazionale generatasi dall’impatto di due lontani buchi neri supermassicci era ampia almeno cinque anni luce. Tutto quello che si trovava dentro quell’onda era stato irresistibilmente attratto verso il centro del fenomeno. Lo sapevano solo gli Dei quante altre forme di vita erano state colte di sorpresa…come loro…

C’era speranza? Solo una: che qualcuno, avvedutosi dell’imminente pericolo, avesse predisposto una via di fuga.

Lo sguardo di Ydrai si spostò verso un puntino intermittente in orbita, ingannevolmente vicino a causa dell’aumentato diametro del pianeta. I satelliti artificiali erano veri e propri laboratori mobili, strumenti per scandagliare lo spazio, emittenti di un complesso SOS rivolto a qualunque orecchio fosse in grado di ascoltarlo e decifrarlo. Le batterie nucleari avrebbero garantito una trasmissione continua per decenni.

Il suo sguardo si spostò sul secondo velivolo, che volava affianco al loro, in formazione serrata…per quanto ‘volare’ avesse un nuovo significato, adesso. La propulsione a razzo era la sola possibile, le ali non avevano più un senso, anche se per fortuna la tecnologia coreliana era sviluppata abbastanza da superare quell’handicap.

Per ora. Una simile tecnologia, nelle condizioni in cui si trovavano, non era facile da replicare, non con i mezzi delle cittadelle, concepite come rifugio e non come fortezze militari. Ogni missione, ogni impegno, avrebbero dovuto essere pianificati con la massima cura.

Poi il suo sguardo si posò sulla coppia seduta all’altro lato, Oosay ed Embe, la prima quasi persa fra le braccia del secondo. Kym, questo era il vezzeggiativo usato spesso per lei, aveva assistito personalmente alla fine di Corelia, e ne era rimasta traumatizzata; teoricamente, avrebbe dovuto rimanere ancora a riposo…tuttavia, che beneficio avrebbe ricavato nello starsene chiusa in una stanza isolata sotto la crosta terrestre?

“Cosa pensi che troveremo, laggiù?” chiese Embe, distraendolo da quei pensieri.

Teamleader scosse la testa. Lassara, una delle otto cittadelle-rifugio, sopravvissute alla distruzione dei sommovimenti tettonici, almeno così si sperava, a tuttora non dava ancora alcuna notizia di sé… “Non lo so, Thunderhoof, e preferisco non abbandonarmi a speculazioni per ora.”

“Onorevoli guerrieri, siamo arrivati,” disse il pilota, portando l’apparecchio verso il suolo.

 

Nell’eterno silenzio della superficie, senza un rumore, i due velivoli atterrarono.

Poco dopo, il portello laterale si aprì, e i quattro Coreliani, avvolti in un campo di forza, l’ossigeno garantito da biofiltri inseriti nel naso, scesero sul ghiaccio.

La presa gravitazionale era rimasta inalterata, e guardandosi intorno, trovavano istintivamente difficile credere che oltre il sottile strato di energia la temperatura era di 250°C sotto lo zero, quasi prossima allo zero assoluto. Se i campi cedevano, sarebbe stata morte istantanea.

“Ghostmare, ce la fai a fasarci tutti fino a Lassara?”

La giumenta dalla lunga criniera bianca annuì. Un momento dopo, il quartetto, come altrettanti fantasmi, affondò nel ghiaccio.

 

Usciti dallo strato di ghiaccio, si trovarono in una cavità all’altezza del suolo. Ydrai fece un cenno. “Fermati qui, Ghostmare. Fai tornare Firemane in fase.”

“Uh?” fece Oninjay.

Le tenebre assolute li circondavano. Solo gli strumenti potevano dire qualcosa sulla natura di ciò che circondava il gruppo. Ydrai disse, “Ci troviamo in una bolla. Appena sarai di nuovo in fase, accenditi. Userai abbastanza calore per trasformare il ghiaccio in gas respirabile; allo stesso tempo, ci fornirai calore sufficiente per permetterci di tornare in fase e farci operare senza dovere sprecare energia e biofiltri.”

“Bene. Sono pronto, Kym.”

Lei si concentrò. Firemane tornò in fase e divenne una piccola stella.

Gli occhi dei rimanenti tre quasi uscirono dalle orbite, le loro espressioni rifletterono puro orrore.

Ydrai non aveva naturalmente settato gli strumenti per cercare forme di vita, a quel punto non ce n’erano se non a livello microscopico.

Si era dimenticato che l’ingresso al rifugio avrebbe potuto essere affollato di disperati in cerca di salvezza.

Il calore di Firemane stava sciogliendo anche il ghiaccio d’acqua, che gocciolava sulla distesa di morti accumulati presso i pannelli dell’ingresso. I corpi erano disposti in una pila scomposta. Alcuni erano rimasti congelati nell’atto di urlare. Altri erano rannicchiati in posizione fetale a proteggere inutilmente i piccoli stretti fra le braccia…

Così tanti corpi da nascondere quello che c’era sotto. Era l’ultima, pietosa testimonianza della forza dell’istinto di sopravvivenza.

“Spegniti, Firemane. Kym, riportalo fuori fase.” Che cosa gli era preso?! Ydrai aveva forse sperato di trovare qualcuno vivo, in quell’inferno congelato, magari solo in ibernazione?

Il gruppo attraversò i cancelli.

 

Una volta dentro, furono accolti dal familiare chiarore delle luci artificiali. Kym fece tornare tutti in fase.

“Si direbbe che vada tutto bene, no?” fece Embe, guardandosi intorno come gli altri. In effetti, l’atmosfera era stabile, non c’era odore di sangue…

Ydrai guardò verso il fondo della scala mobile: trecento metri di discesa. Solo alla fine avrebbero potuto verificare la veridicità di quelle parole.

La Forza Quattro salì sulla scala, ma questa non si mise in moto automaticamente -c’era da aspettarselo, del resto. Una volta completata l’evacuazione, qualunque sistema non necessario veniva escluso dalla rete elettrica.

 

Si trovavano circa a metà percorso, quando Ydrai percepì una  vibrazione anomala al passo di Embe. Si fermò di colpo, sollevando la mano. “Attenzione. Credo che…” E in quel momento, le scale crollarono sotto i loro piedi!

Il loro addestramento permise loro di rispondere con velocità impeccabile: con un tocco di pulsante, le unità anti-G di Teamleader lo tennero al sicuro, sospeso a mezz’aria. Firemane si infiammò. Ghostmare si sfasò rispetto all’attrazione gravitazionale. E Thunderhoof? Be’, lui dovette ricorrere a metodi più…artigianali, ma altrettanto efficaci, come infilare i pugni nelle fiancate dei corrimano! “Non è che mi dispiacerebbe un aiutino in più, sapete?” chiese, mentre se ne stava sospeso come un attrezzo ginnico.

“Ti chiedo scusa, amore,” disse Ghostmare, sfasandolo subito dopo.

Ydrai stava controllando dei dati sui suoi strumenti. Quello che vi lesse non lo rassicurò per niente. “La scala è stata sabotata.”

“Sabotata? E chi avrebbe interesse a fare una cosa simile?” chiese Firemane.

“Il miglior modo per scoprirlo è…” ma non avrebbe completato la frase. Improvvisamente, Teamleader fu colto da un senso di stordimento indicibile.

Poi, tutto divenne buio…

 

Quando rinvenne, si sentiva ancora la testa confusa, come se fosse reduce da un sonno di giorni.

Solo quando aprì gli occhi, realizzò di essere anche completamente nudo!

E chiuso in una gabbia, come finalmente si accorse.

Vide che anche gli altri erano prigionieri: Embe era chiuso in una gabbia di spesse sbarre metalliche. Kym era evidentemente tenuta in stato di incoscienza dal collare elettronico. E lo stesso valeva per Oninjay, chiuso in una gabbia di plexiglass come sua sorella. E tutti si trovavano in una cella di contenimento, Ydrai riconosceva le pareti imbottite, gli occhi delle telecamere disposti in modo da coprire ogni angolo, le bocchette per il gas e la griglia del pavimento…

“Embe! Stai bene? Gli altri..?”

Lo stallone dalla criniera rossa mostrò un sorriso amaro. “Se così si può dire, potrebbero stare peggio. Ho nitrito fino a sgolarmi, ma non mi sentono.”

“E così resterà fino a quando io non deciderò altrimenti,” disse una nuova voce dietro di loro. Si voltarono.

La porta scorrevole si era aperta, e sulla soglia, affiancato da due guardie in armatura pesante, stava uno stallone baio dai balzani neri e la criniera nera, vestito di un’armatura fotonica. Era enorme, ma…armonioso, perfettamente scolpito. Faceva sembrare Embe goffo, a confronto. I suoi occhi verdi avevano qualcosa di magnetico, la luce del dominatore. “Spero che il vostro temporaneo…alloggio non vi sia troppo sgradito.”

Thunderhoof afferrò le sbarre. I suoi muscoli sembrarono volere strappare la pelle. “Vigliacco! Che cosa hai fatto alla Matriarca?! Come osi??”

Ignorando quello sfogo di ira, l’’anfitrione’ della Forza 4 fece un cenno alle guardie, e queste uscirono. Dopo che la porta si fu chiusa, si avvicinò alla gabbia sospesa di Oosay. “Ah, sì, la nostra salvatrice…per così dire. Colei che ha trasferito una consistente fetta dei Kymelliani su Corelia. La responsabile della nostra corrente situazione.” Allungò una mano attraverso le sbarre, ad accarezzare il collo e la fluente criniera di Ghostmare.

“Lei non è responsabile  di quanto ci è successo,” disse Ydrai. “Non puoi accollarle questa colpa. Ha sofferto più di tutti noi per la nostra tragedia.”

“Forse.” Lo stallone lasciò la femmina, per voltarsi verso Teamleader con occhi ora accesi di una luce minacciosa. “Ma sono sorpreso che tu la difenda. Non avevamo bisogno di lasciarci dietro la nostra tecnologia, in un angolo di universo che conoscevamo, per avventurarci qui…ma, in fondo,” sembrò rilassarsi, poi sorrise sinistramente, fissando Ydrai negli occhi, “cosa dovevo aspettarmi se non un così radicale cambio di posizione da qualcuno esperto in voltafaccia?”

“Cosa..?”

Lo stallone gli si avvicinò. “Andiamo, Ydrai: proprio non mi riconosci? *tsk* che delusione. In fondo, se sei Teamleader lo devi proprio alle tue macchinazioni a mio danno.”

Le froge di Ydrai si dilatarono, gli occhi sbarrati. “Butazi…”

Un lieve cenno della testa. “Le colpe non muoiono mai, amico mio. Speravi che la catastrofe mi avrebbe ucciso, insieme a tutti i cosiddetti sociopatici, ma avreste dovuto tenerci chiusi nell’istituto, invece di liberarci[i].”

“Come…”

“Come ho fatto a conquistare Lassara? La cosa più semplice: mi sono sostituito al ‘legittimo’ comandante durante le concitate fasi dell’evacuazione. I miei ‘volontari’ hanno preso il posto delle guardie del corpo delle alte sfere, ed ora il comando di Lassara è saldamente nelle mie mani. Nella fretta dell’evacuazione, nessuno ha notato la scomparsa dei database su di me.”

“Che intenzioni hai? Non puoi certo portare avanti da qui il tuo sogno di ritrasformarci in tecnomanti. Non convincerai…”

Tuttavia, più che mai Butazi era confidente. “Ho i mezzi per raggiungere ogni singola cittadella, mio vecchio rivale. E quanto al convincimento delle masse, non ho certo bisogno di imporlo come mi prefiggevo all’inizio: presto, Lassara sarà la cittadella più avanzata di Corelia. A quel punto, gli altri comandanti dovranno accettare le mie condizioni per permettere al popolo di vivere. Tutto cadrà al proprio posto spontaneamente…o al massimo, con un po’ di incoraggiamento.”

Butazi si voltò e si diresse verso la porta. “Ho altri piani, per voi, ma ne parleremo quando voi stessi lo vorrete. Per ora, godetevi il vostro soggiorno.”

Quando lo stallone fu uscito, Oninjay chiese a Ydrai. “Cosa voleva dire? Dalle sue parole, sembrava che vi conosceste…”

Il maschio bianco dalla criniera grigio-ferro annuì tristemente. “Purtroppo sì. Io e Butazi siamo stati i finalisti nel nostro corso, per la scelta della figura di Teamleader.

“Butazi aveva tutte le doti psicologiche che a me mancavano. Fiero, carismatico, capace di pensare alla gente prima che a sé stesso…un vincitore, insomma. C’era voluto uno scherzo del destino, altro che macchinazioni.

“Era l’ultima sera prima della designazione, ed io non riuscivo a dormire per l’angoscia. Stavo percorrendo per l’ultima volta i corridoi dei dormitori, quando vidi che le luci della stanza di Butazi erano accese a loro volta. Non vi diedi peso, all’inizio: in fondo, lui aveva tutto il diritto di essere eccitato per la nomina imminente… Poi successe.

“La porta della stanza sembrò esplodere, ed era fatta di metallo. Andò in pezzi come legno. Istintivamente, mi chiesi cosa potesse essere successo, a parte una bomba: nelle stanze non c’era nulla che potesse essere usato per fabbricare armi o sperimentare sostanze esplosive.

“Poi, lui emerse. Butazi sembrava coperto di braci ardenti, il suo passo era malfermo, e voltava la testa a scatti… Io mi avvicinai a lui, chiamandolo, mentre già i primi allarmi risuonavano. Ero stanco, e non capii cosa stesse andando male, fino a quando non fui abbastanza vicino per vedere.

“Tutto il corpo di Butazi era coperto da uno strato di virus tecnorganico. Il mio rivale si stava trasformando in un Phalanx sotto i miei occhi. E i suoi occhi erano percorsi da quella luce affamata, da quella brama che i Phalanx hanno di assimilare gli altri organismi… Occhi puntati su di me…

“Non mi vergogno a dire che ero più che mai terrorizzato…ma anche affascinato. Dei Phalanx avevo visto innumerevoli firmati, studiato al massimo poche molecole in un ambiente assolutamente sicuro. Trovarmene uno vivo, davanti a me, era un’occasione che forse non avrei più avuto.

“Ma prima che potessi instaurare un contatto con quell’organismo, il corridoio fu avvolto in un campo di stasi. Sia io che Butazi perdemmo i sensi.

“Ci volle una settimana per effettuare le analisi di rito, per assicurarsi che non fossi stato infettato. Nel frattempo, venni a sapere che Butazi era stato espulso dalla stessa vita sociale per il suo misfatto, insieme a dei suoi fedelissimi, che lo avevano aiutato a contrabbandare il virus tecnorganico. Lui tentò di difendersi, affermando che si trattava di una montatura, che ero stato io ad infettarlo a tradimento proprio quella notte, ma naturalmente non fu creduto.”

“Ci mancava solo questa!” Embe diede un pugno ad una sbarra. “Una vendetta personale, proprio al momento giusto!”

“Cerchiamo di occuparci di cose più urgenti, adesso,” disse Ydrai. “Butazi ha accennato a mezzi per raggiungere le altre cittadelle, ed io gli credo. Dobbiamo scoprire di che mezzi si tratta.” Quei mezzi, era chiaro, avrebbero rappresentato uno strumento fondamentale per il mezzo milione di Coreliani sopravvissuti. Impadronirsene era imperativo!

La porta si aprì di nuovo. “Lo scoprirete abbastanza bene, Forza 4. Non avete bisogno di affannarvi.” Fece un cenno a una guardia che reggeva una valigetta metallica. La guardia la depose a terra, e la aprì, rivelando il costume di Teamleader con tutti i suoi strumenti.

Le gabbie furono aperte. I collari inibitori si aprirono con uno scatto, e caddero da soli.

La reazione di Firemane fu istantanea! Si trasformò in una torcia vivente, tese le mani e lanciò una scarica di plasma all’indirizzo di Butazi!

Lo stallone dovette solo fare un gesto distratto con la mano, per estinguere quel fuoco come quello di un cerino spento con un soffio. “Irruente e sconsiderato come tutti i giovani… O non credevi che avrei preso le dovute precauzioni?”

Ydrai finì in quel momento di esaminare il costume. Era un nuovo modello, dotato di ricettori neurali lungo il tessuto interno, e al posto dei vecchi strumenti, sottili parallelepipedi metallici correvano lungo i fianchi, le gambe e le braccia.

“Lo riconosci, vero? È il modello che avrei indossato io, se non fosse stato per quello…sgradevole incidente,” disse Butazi.

“Cosa significa?” chiese Teamleader, mentre Embe aiutava Oosay a rimettersi in piedi.

“Niente di più semplice: credi veramente che possa permettermi il lusso di giocare al conquistatore adesso? Se anche volessi tentare la conquista delle altre cittadelle, metterei in pericolo la vita di altri Coreliani. E a me servono sudditi volenterosi, non schiavi, o quantomeno morti.

“La mia proposta è che, insieme, lavoriamo insieme per unificare la direzione delle cittadelle. Vestiti, poi seguitemi.”

 

Cittadella-rifugio di Fatara, sede del Comando di Coordinamento Generale

 

“Notizie dalla Forza 4?” chiese il Comandante Generale Kyrin, tamburellando sulla consolle.

Il tecnico accanto a lui scosse la testa. “Nossignore. La situazione dei collegamenti fra Lassara e noi è rimasta immutata.”

“Capisco.” Kyrin si rivolse all’ologramma di Tomeko, il capo pilota della flotta della sua cittadella. “Attendi fino all’ultimo istante possibile, poi rientra. Non possiamo permetterci la perdita di anche un solo velivolo e di un pilota esperto.”

“Sissignore,” fu la secca risposta. Purtroppo, i velivoli convertibili Kroser erano stati concepiti per missioni nello spazio a medio raggio. Ci voleva una portaerei, per estendere il loro campo d’azione, e non c’era più una portaerei in tutta Corelia, se non quelle sepolte sotto duecento chilometri di ghiaccio… Inoltre, manovrare con il campo gravitazionale di un pianeta richiedeva un’ulteriore quantità di preziosa energia…

Rimaneva solo un’ora di autonomia, prima dell’inevitabile ritorno alla base…

 

“Allora era qui che si erano rifugiati!” Ydrai, nella sua nuova uniforme, non credeva ai suoi occhi.

“Impressionanti, non è vero?” chiese retoricamente Butazi.

Lo spettacolo era impressionante: nel ‘cielo’ della più grande caverna naturale, sotto il sole artificiale, volavano grandi creature simili a pteranodonti, mentre in un lago rifornito da una cascata pascolavano gigantesche creature a metà fra i mammiferi ed i rettili, dalle bocche zannute ed i colli crestati. Erano i discendenti di una migrazione di massa che, per ragioni ignote, aveva spinto una variegata fetta della fauna nativa Coreliana nel sottosuolo[ii].

La periferia di Lassara era un ecosistema brulicante di vita!

Oosay aveva gli occhi inumiditi di lacrime, lacrime di gioia. “Ci sono dei superstiti, alla fine…”

Ydrai bevve avidamente a quello spettacolo dalla piattaforma volante. “Vegetazione ad alto fusto e variata…solo per capire il perché di questo mistero potrebbero volerci…”

“Ho già avviato le analisi genetiche,” lo interruppe Butazi. “Sarò lieto di condividerle con te, naturalmente.” Allo sguardo dubitativo di Ydrai, aggiunse, “Credi che abbia voglia di perdermi in ridicole scaramucce in nome di un passato che non mi interessa più, Teamleader? “Ve lo ripeto: la sopravvivenza della nostra gente deve avere la precedenza su tutto.”

“Sotto la tua saggia guida, naturalmente,” disse Embe, facendolo suonare più come un insulto che come sarcasmo.

Butazi sorrise e chinò brevemente il capo. “Naturalmente. Mentre gli altri capi saranno occupati nelle loro quisquilie burocratiche, io trasformerò Lassara nella capitale di Corelia. Appena avrò carpito i segreti di questo ecosistema, troverò il modo di estenderlo alle altre cittadelle.”

“E nel frattempo, che ne sarà degli altri?” chiese Firemane. “Moriranno di fame?”

“Per quanto ne dubiti, non potrei comunque evitarlo, non credi, puledrino?”

“Tu…” Firemane tornò ad accendersi.

Gli occhi di Butazi si accesero di una luce dura. “Preferiresti rischiare una contaminazione? L’immissione di organismi nocivi  estranei su una popolazione senza difese immunitarie sterminerebbe tutti più in fretta di qualunque arma ad alta tecnologia!”

“Su di te e sulla gente di Lassara, non sembra che questi ‘organismi’ abbiano avuto effetto,” disse Embe.

“Finora. È per questo che tutte le vie di accesso e di uscita sono state chiuse, e le comunicazioni interrotte. Se succederà qualcosa, sarà confinato a quest’area.”

Ydrai non proferì parola -era sicuro che il suo vecchio rivale stava pensando a qualcosa, qualcosa di grosso. Per ogni grammo di verità pronunciato, c’era un chilo di menzogne… “Cosa intendevi quando dicevi che dovremmo lavorare per te?”

Nessuno notò il lampo da predatore negli occhi dello stallone, mentre questi contemplava, senza voltarsi, la fantastica fauna sottostante. “Fare esattamente quello che avete finora fatto: essere i miei ricognitori, i miei occhi ed il mio braccio armato contro le rivolte che verranno. Sto anche facendo il possibile per estendere il vostro numero, in modo da aumentare la vostra efficienza.”

“Hai parlato di ‘altri mezzi’ per raggiungere le cittadelle…”

Butazi puntò verso la parete della caverna. “Nel corso degli eoni, gli animali hanno scavato un complesso sistema di tunnel. Questa caverna è il cuore di tale rete. I terremoti avranno naturalmente distrutto una buona parte dei tunnel, ma sono sicuro che ce ne saranno innumerevoli altri pronti da usare e da ‘allungare’ per mettere in contatto le cittadelle.”

Verità e menzogne. “Il comandante Kyrin…”

“Continui a dimenticarti che abbiamo seguito il corso insieme? Anche se non ho pronunciato il giuramento, lo conosco a memoria. E non si parla di fedeltà ad un comandante, o ad un generale, o ad un Presidente… Si parla di fedeltà al popolo. E, devi ammetterlo, le migliori carte per tutti noi le ho io… O vogliamo iniziare la nostra personale guerra per vedere chi ha ragione e chi ha torto?”

 



[i] Ep. #1

[ii] Come accennato nell’ep. #1